giovedì 4 settembre 2008

Una storia...

"Il ritorno"

Sole,
Ovunque si girasse …
Soltanto sole,
accecante,
giallo e caldo, terribilmente caldo…
Il Sole, unico compagno silenzioso di questo lungo viaggio ,
Il Sole che non aveva mai smesso di appannarmi lo sguardo .
I confini del paesaggio mi apparivano sfocati, e la strada all’orizzonte mi si parava davanti somigliante in tutto e per tutto ad un mare liquido e denso.
Ero stato veloce, il cuore in gola ,i polmoni in fiamme , tanta la fatica e l’adrenalina che avevo in circolo.
Adrenalina,
euforia,
paura,
desiderio,
voglia di arrivare,
paura di arrivare ,
pensieri confusi ,
da una parte la voglia di arrivare ,
dall’altra la paura mi faceva ,
a sprazzi, venire voglia di tornare sui mie passi.
Di tornare indietro.
La strada scivolava veloce, e veloce mi stava riportando in quel posto che continuavo a chiamare casa anche se forse , non era mai stata davvero casa mia.
Ero vicino ormai e dentro di me mi ripetevo che la casa non è necessariamente il posto il cui si vive, è quel posto in cui si riesce a stare sereni, il posto in cui ci si sente noi stessi.
Il posto sicuro in cui tornare quando qualcosa non va come dovrebbe .
Volevo davvero tornare là, in quella che per me era la MIA casa.
Quel posto in cui ero stato felice, in cui ero stato bene.
Un approdo sicuro dove tornare quando, in momenti come questo, tutto appariva difficile e cupo.
In verità niente andava realmente male , ma nulla mi entusiasmava,
in quei lunghi mesi tutto mi era apparso grigio.
Volevo tornare dove c’era la luce, dove c’erano i colori,
volevo tornare e soprattutto volevo restare.
Almeno per un po’. Fin quando fosse stato possibile.
Volevo tornare da lei.
Lei che forse non ci sarebbe stata più ma sentivo di dover correre il rischio.

Quel viaggio sembrava non finire mai, chissà dove mi avrebbe portato tutta quella strada, la sua casa era giusto al confine della strada statale, un posto recintato da Abeti e da piante di gelsomino che mandavano un odore così forte che durante l’inverno , sforzandomi , riuscivo a sentire ancora forte e persistente nelle mie narici…

Era già passato un anno dalla prima volta che ero capitato là.. era il 14 di aprile e il timido sole primaverile dava un colore quasi arancio a quel piccolo giardino, sentivo l’odore della torta al cioccolato che lievitava nel forno della piccola cucina ….
Ero a pochi passi dalla cucina, apatico, annoiato , quasi soffocato da una rassicurante ,e ,allo stesso modo alienante routine…me ne stavo li in attesa degli eventi , seduto al solito posto.
Fu li che la vidi la prima volta, seduta sul dondolo verde , leggeva e fumava nervosamente una sigaretta .
Lei pure mi vide ,
e forse sorrise .
Non sono sicuro, ma forse davvero sorrise……
quel sorriso mi è entrato nel cuore e da quel momento non ci ho più potuto rinunciare .

Ci ho provato, mi sono sforzato, ma non ci sono riuscito..

A volte succedono cose che spiazzano , cose dolci e amare allo stesso modo.
Come quando ci si sveglia e improvvisamente ci rendiamo conto che l’inverno è arrivato.
Ci accorgiamo che le foglie sono ormai tutte cadute e il cielo si fa bianco e l’aria è così fredda che quando respiri brucia dentro le narici e sembra quasi arrivare al cervello.
Quelle mattine in cui si sente l’odore dell’inverno e si capisce che il momento è arrivato.

Quelle mattine in cui sembra quasi voglia nevicare, quelle mattine in cui ci si rende conto che è arrivato il tempo di andare.
Per quanto ,forse non lo volessi davvero , scelsi di andare.
Era tempo .
Scelsi di allontanarmi perché era nella mia natura.
Perché era la cosa giusta da fare.
Perché restare era un rischio troppo alto e soprattutto non ero sicuro fosse quello che volevo davvero.

E adesso ero così vicino , avevo tanto desiderato tornare e adesso che ero così vicino ero spaventato, cosa mi avrebbe aspettato?
Cosa avrei trovato?
La paura di non trovarla più,
la paura che tutto fosse cambiato mi soffocava e mi faceva rallentare l’andatura.
Una parte di me voleva arrivare prima possibile , l’altra allungava le distanze per paura, quella solita maledetta paura che troppe volte negli ultimi anni mi aveva fregato e lasciato incapace di vivere le situazioni come si presentavano.
La paura e il desiderio.
La paura di vivere quelle che desideravo davvero.

La paura mi faceva rallentare.
Il desiderio mi faceva volare più velocemente.
Il confine tra i due sentimenti era sottile.


Era passato tanto tempo dall’ultima volta che ero stato li, non era scritto da nessuna parte che tornando da avrei trovato la stessa situazione che avevo lasciato.

Succede sempre così , quando ci si allontana per un po’ di tempo non si sa cosa si trova al nostro ritorno.

Chiusi gli occhi e mi abbandonai ai ricordi, ricordai in modo nitido la primavera di un anno prima , l’odore dei gelsomini e dell’erba appena tagliata, i suoi occhioni e il suo modo di sorridere arricciando il naso . Il suo modo di camminare ondeggiando i fianchi ma con andatura pacata, il modo in cui si avvicinava a me , piano cercando di non spaventarmi.
C’era voluto un po’ ma alla fine mi ero fidato di lei.
Alla fine avevo capito che lei non mi avrebbe fatto male.
Lei non si sarebbe approfittata di me.
La diffidenza e la paura però erano troppo grandi per me e ci avevo messo tanto tempo a capire che potevo fidarmi, che potevo lasciarmi andare a lei e alle sue attenzioni.

Non era stato facile, io di natura così diffidente e razionale ,lei così spontanea e istintiva.

Era stato difficile farsi trasportare da quello che sentivo , sapevo bene che lei era troppo diversa da me e dal mio modo di vivere.

E adesso , finalmente ero arrivato.
Ero li , a due passi da lei.
Il cuore batteva forte ,
il respiro era azzerato.

Mi sedetti e aspettai di vederla.
O forse aspettai di essere visto.

Lei lo vide.
Sorrise.
Si avvicinò a lui, e lui non volò via subito come aveva sempre fatto l’anno prima.
Restò li nella solita casetta che l’aveva ospitato la scorsa estate aspettando un suo cenno.
Lei corse in casa e urlò a sua mamma,
“Mamma! Guarda, è tornato il passerotto dello scorso anno!”
E corse fuori per portagli il pane .

Volevo volare perché la paura era sempre tanta, ma cercai di resistere.
Restai fermo, lei si avvicinò piano , mise il pane nella mangiatoia e sorrise serena.
“Bentornato a casa !”

Sapevo che tra pochi mesi me ne sarei nuovamente dovuto andare ma , allo stesso modo, adesso sapevo con certezza che ,qualunque cosa mi fosse successa ,
avrei sempre avuto un posto dove tornare.
E questo era più importante di tutto.
Perché non è importante dove arrivi , ma come ci arrivi.
Era stata dura arrivare, ma adesso ,finalmente ero a casa.

Lei mi sorrise e aggiunse..

Aspettiamola insieme l’estate.
E io , a mio modo ,
le risposi di si.

S.

1 commento:

  1. se mi mandi la tua email all' indirizzo scbeatrice@katamail.com ti mando l' invito per accedere al mio blog che sto rendendo privato...scusa la fretta...bea

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